I ministri dell’Economia dei Ventisette hanno dato il via libera politico all’abolizione della franchigia doganale per i piccoli pacchi provenienti da Paesi extra-UE, un passo cruciale per contrastare il fenomeno dell’ultra fast fashion di colossi come Shein e Temu. La decisione, presa in sede Ecofin il 13 novembre, segna l’inizio di una riforma doganale destinata a mettere ordine nel flusso incessante di spedizioni a basso valore che entrano nel mercato unico. L’obiettivo dichiarato è porre fine all’esenzione, attualmente fissata a 150 euro, che permette a milioni di pacchetti di eludere i dazi, con pesanti ripercussioni sulla concorrenza leale, sulle entrate fiscali e sull’ambiente. La misura, concepita in origine nel disegno di legge sulla concorrenza, è ora al vaglio della maggioranza come possibile tassa da inserire nella prossima manovra finanziaria, subordinata però a un indispensabile via libera preliminare da Bruxelles.
L’attuale regime di esenzione, che consente a un volume ingente di pacchetti di modesto valore di entrare liberamente nel mercato unico senza il pagamento di tariffe doganali, è considerato obsoleto e dannoso. La riforma vuole affrontare la distorsione creata dal diluvio costante di spedizioni di basso valore, che spesso hanno origine dalle grandi piattaforme di e-commerce cinesi. Dopo l’approvazione politica in Ecofin, il complesso dossier passerà alla fase del trilogo tra Consiglio, Parlamento europeo e Commissione. Un funzionario europeo ha indicato la possibilità di una chiusura dei negoziati entro la fine dell’anno, accelerando così un iter legislativo che mira a riequilibrare il mercato.
Il Lungo Iter della Riforma Doganale e la Soglia dei 150 Euro
La soppressione effettiva delle esenzioni, tuttavia, non sarà immediata. Scatterà solo quando diventerà operativo il nuovo “Eu Customs Data Hub”, una piattaforma informatica comune ancora in fase di negoziazione e destinata alla gestione in tempo reale dei flussi di importazione. La sua piena funzionalità è attualmente calendarizzata per il 2028. Questo sistema centralizzato è ritenuto fondamentale per gestire l’enorme mole di dati e garantire l’applicazione efficace della nuova normativa senza intasare i canali doganali. Tuttavia, l’orizzonte temporale del 2028 non soddisfa tutti.
Esistono forti pressioni da parte di alcuni Stati membri, con la Francia in prima linea, che spingono per una netta anticipazione dei tempi. Parigi ritiene necessaria una soppressione anticipata della franchigia a causa dell’afflusso massiccio e crescente di pacchi da Paesi terzi, in particolare dalla Cina. La stessa Francia, nella propria manovra finanziaria nazionale, sta valutando l’introduzione di una tassa fissa di 2 euro sui pacchetti extra-UE di piccolo importo. Questa misura inedita, motivata da ragioni di equità fiscale e finalità ambientali, sarebbe qualificata come imposta interna sui consumi per non invadere la competenza esclusiva dell’Unione in materia di dazi.
Le Reazioni in Italia: Sostenibilità e Competitività
In Italia, il mondo economico guarda con favore all’iniziativa. Giulio Felloni, presidente di Federazione Moda Italia-Confcommercio, ha espresso pieno sostegno, sottolineando l’urgenza di intervenire. “Non c’è tempo da perdere”, ha affermato Felloni, apprezzando l’intenzione di affrontare gli impatti sulla sostenibilità economica e ambientale generati dall’ultra fast fashion. Un fenomeno che, secondo le stime, sottrae importanti risorse all’economia nazionale e alle casse dello Stato, mettendo in crisi interi distretti produttivi del made in Italy.
Sulla stessa linea si è posto il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Nel suo intervento al dibattito sulla competitività in Eurogruppo, il ministro ha invocato “regole europee forti e veloci per arginare l’aggressione extraeuropea”. Giorgetti ha espresso l’auspicio che l’Ecofin approvi la direttiva sulla tassazione dei piccoli pacchi extra-UE e ne anticipi l’applicazione a partire dal 2026, ben due anni prima della scadenza prevista per l’entrata a regime del sistema informatico. Una posizione che riflette la preoccupazione per la tenuta competitiva delle imprese europee, sempre più soffocate da una concorrenza basata su prezzi irrealistici e su modelli di business insostenibili.
La misura, quindi, va ben oltre la mera esigenza di gettito. Si inserisce in un più ampio dibattito sulla necessità di regolare il settore della fast fashion, i cui costi ambientali e sociali sono sempre più evidenti. L’abolizione della franchigia rappresenta un tentativo di creare un campo di gioco più equilibrato, dove le regole della concorrenza leale e della tutela ambientale valgano per tutti, indipendentemente dalla provenienza geografica del venditore. Il cammino è ancora lungo, ma il via libera dell’Ecofin segna un punto di non ritorno.
