Mentre la maggior parte delle app su Wear OS 3 e versioni successive devono accontentarsi di uno sfondo sfocato quando lo schermo entra in modalità Always on Display (AoD), poche applicazioni godono di un accesso privilegiato. Spotify, ad esempio, mantiene visibili i pulsanti di controllo durante l’AoD, ma si tratta di un’eccezione piuttosto rara nel panorama delle app compatibili con gli smartwatch.
Secondo un’analisi condotta da 9to5Google, solo un numero esiguo di applicazioni può sfruttare questa funzionalità avanzata. Tra queste spiccano Google Maps e Google Keep, che riescono a mantenere alcune informazioni visibili anche quando il display è in stato di riposo. Per tutte le altre app, invece, l’unico elemento che rimane chiaramente leggibile è l’orario corrente.
Come funziona l’Always on Display su Wear OS
La modalità AoD è progettata per bilanciare la necessità di informazioni a colpo d’occhio con l’esigenza di risparmiare batteria. Quando attivata, lo schermo mostra una versione semplificata dell’interfaccia, con la maggior parte degli elementi resi poco visibili o completamente nascosti.
Spotify rappresenta un caso particolare: abbassando il braccio, l’app mantiene in evidenza i controlli principali come:
- Il pulsante Play/Pausa
- I tasti Avanti e Indietro
- Il nome del brano in riproduzione
Questa implementazione differisce notevolmente dal comportamento standard delle altre applicazioni, che appaiono invece completamente oscurate con solo qualche elemento appena visibile in controluce.
Le limitazioni imposte da Google
Dall’introduzione di Wear OS 3, Google ha ristretto significativamente l’accesso alle API che consentono alle app di interagire con la modalità Always on Display. Questa decisione ha creato una netta separazione tra le applicazioni “privilegiate” e tutte le altre.
Le motivazioni dietro questa scelta potrebbero essere legate a:
- Ottimizzazione dell’autonomia della batteria
- Uniformità dell’esperienza utente
- Sicurezza e stabilità del sistema
Non è chiaro quali criteri debba soddisfare un’applicazione per ottenere l’accesso a queste API avanzate. Tuttavia, è evidente che Google stia mantenendo un controllo molto stretto su questa funzionalità, riservandola principalmente alle proprie applicazioni e a pochi partner selezionati.
Per gli sviluppatori terzi che desiderano vedere le proprie app funzionare correttamente in modalità AoD, l’unica strada attualmente percorribile sembra essere quella di collaborare direttamente con Google per ottenere le necessarie autorizzazioni.