Documenti interni rivelano che Meta avrebbe previsto di guadagnare miliardi di dollari ignorando deliberatamente gli annunci pubblicitari fraudolenti, che i suoi sistemi hanno poi indirizzato agli utenti maggiormente predisposti a cliccarvi sopra.
Un’inchiesta di Reuters, basata su anni di pratiche interne, svela le falle dei sistemi di moderazione che hanno permesso a truffatori di operare indisturbati su Facebook, Instagram e WhatsApp.
La strategia dei “colpevoli di alto valore”
I documenti analizzati mostrano come, internamente, Meta fosse riluttante a rimuovere in modo repentino account chiaramente fraudolenti, definiti in alcuni casi come i “più truffaldini tra i truffatori”.
La preoccupazione principale era che un calo brusco del fatturato pubblicitario avrebbe potuto erodere le risorse necessarie per finanziare la crescita nel settore dell’intelligenza artificiale.
Invece di agire con tempestività, l’azienda ha permesso a questi account di “accumulare oltre 500 violazioni” senza che venissero disattivati.
Paradossalmente, più violazioni un attore malevolo accumulava, più Meta poteva addebitare per la diffusione dei suoi annunci.
Documenti interni descrivono infatti una pratica per cui l’azienda “penalizzava” i truffatori applicando tariffe pubblicitarie più elevate, trasformando così la loro condotta illecita in una fonte di maggiori entrate.
Il sistema che favorisce le truffe
Nel contempo, Meta ha riconosciuto nei suoi documenti che i suoi stessi sistemi hanno aiutato i criminali a individuare e colpire gli utenti con il profilo comportamentale più incline a interagire con i loro contenuti fraudolenti.
“Gli utenti che cliccano su annunci truffa hanno maggiori probabilità di vederne altri a causa del sistema di personalizzazione degli annunci di Meta, che cerca di mostrare contenuti pubblicitari in linea con i loro interessi”, ha riportato l’indagine di Reuters.
Questo meccanismo, progettato per massimizzare l’engagement, finisce per intrappolare le vittime in una bolla di contenuti fraudolenti, rendendole bersagli sempre più facili per le stesse tipologie di truffa.
I numeri stratosferici del fenomeno
Le stime interne di Meta dipingono un quadro allarmante della portata del fenomeno.
Gli utenti delle sue piattaforme incontrano complessivamente circa 15 miliardi di annunci truffa “ad alto rischio” ogni giorno.
A questi si aggiungono ulteriori 22 miliardi di tentativi di truffa “organici”, ovvero non a pagamento, a cui gli utenti sono esposti quotidianamente, come mostrato da un documento del 2024.
L’anno scorso, l’azienda ha previsto che circa 16 miliardi di dollari, una cifra che rappresenta circa il 10% del suo fatturato totale, proverrebbero proprio da annunci di questo tipo.
Le categorie di annunci a rischio
Gli annunci definiti “ad alto rischio” mirano a vendere agli utenti prodotti falsi o schemi di investimento fasulli.
Tra le truffe più comuni in questa categoria rientrano:
- La vendita di prodotti medici vietati o non approvati.
- La promozione di entità poco affidabili, come la pubblicità di casinò online illegali.
- Gli annunci “impostori”, che si rivelano la categoria più preoccupante per Meta stessa.
Questi ultimi impersonano celebrità o grandi marchi, e Meta teme che, se non fermati rapidamente, possano spingere questi importanti partner a interrompere le proprie campagne pubblicitarie o a ridurre il loro engagement sulle piattaforme.
La scelta di non agire in modo più deciso sembra quindi essere stata un calcolo tra il ricavo immediato garantito dagli annunci truffa e il potenziale danno a lungo termine per i rapporti con i grandi advertiser e per la fiducia degli utenti.
L’inchiesta solleva serie questioni sulla responsabilità delle piattaforme digitali e sulla trasparenza dei loro modelli di business, mettendo in luce un conflitto di interesse tra la sicurezza degli utenti e la crescita dei profitti.
