La Commissione Europea ha inflitto una sanzione da 120 milioni di euro alla piattaforma X, l’ex Twitter, per violazioni significative degli obblighi di trasparenza previsti dal Digital Services Act (DSA).
Si tratta della prima decisione per non conformità al DSA e colpisce al cuore il sistema di verifica a pagamento, il “tick blu”, giudicato ingannevole per gli utenti.
L’esecutivo comunitario accusa X di permettere a chiunque di acquistare lo status di account verificato senza una reale procedura di identificazione, violando così le norme contro le pratiche di design ingannevoli.
La multa, annunciata oggi, non riguarda solo il sistema di verifica.
La Commissione ha contestato alla piattaforma di Elon Musk anche altre gravi inadempienze relative alla trasparenza della pubblicità e all’accesso dei ricercatori ai dati.
Secondo Bruxelles, il repository degli annunci pubblicitari di X non soddisfa gli standard di trasparenza e accessibilità richiesti dal DSA, ostacolando lo scrutinio indipendente sui rischi della pubblicità online.
Il “tick blu” a pagamento è stato giudicato una pratica ingannevole perché suggerisce falsamente agli utenti che l’identità del titolare dell’account sia stata verificata, quando in realtà non è avvenuto alcun processo significativo di controllo.
Questa caratteristica, secondo la Commissione, rende difficile per i cittadini distinguere account e contenuti autentici da quelli che non lo sono, minando la fiducia nell’ecosistema digitale.
Le altre violazioni: pubblicità opaca e dati inaccessibili ai ricercatori
Oltre alla questione del tick blu, la sanzione copre due altre aree di non conformità.
In primo luogo, il registro della pubblicità di X è ritenuto carente perché non fornisce in modo accessibile informazioni essenziali, come il contenuto preciso degli annunci, l’argomento trattato e l’identità dell’entità legale che paga per la promozione.
Queste lacune impediscono un’analisi trasparente del mercato pubblicitario sulla piattaforma.
In secondo luogo, X ha violato gli obblighi di accesso ai dati per i ricercatori.
Il DSA impone alle piattaforme di grande dimensione di mettere a disposizione degli studiosi riconosciuti i dati necessari a comprendere e analizzare la diffusione di contenuti illegali e i rischi sistemici.
La Commissione ha riscontrato che X non ha rispettato questi obblighi, limitando di fatto la possibilità di ricerca indipendente sulla piattaforma.
Le scadenze imposte a X per mettersi in regola
La decisione della Commissione non si limita alla sanzione pecuniaria.
Alla piattaforma vengono infatti imposti termini precisi per adeguarsi alle regole.
X ha ora 60 giorni lavorativi per comunicare alla Commissione le misure specifiche che intende adottare per porre fine all’uso ingannevole del tick blu.
Per quanto riguarda le violazioni legate al registro pubblicitario e all’accesso dei ricercatori, la società ha 90 giorni lavorativi per presentare un piano d’azione dettagliato.
Il piano dovrà illustrare le misure necessarie per correggere le infrazioni accertate e garantire la piena conformità al Digital Services Act.
Questa sentenza fa seguito a una procedura formale avviata dalla Commissione Europea il 18 dicembre 2023.
Il caso rappresenta un test significativo per l’applicazione del DSA, il nuovo e ambizioso regolamento dell’Unione Europea pensato per creare uno spazio digitale più sicuro e responsabile.
La multa a X segna un precedente importante per tutte le piattaforme online designate come “Very Large Online Platforms” (VLOPs).
Dimostra la volontà delle autorità europee di far rispettare rigorosamente le nuove norme, in particolare quelle sulla trasparenza e sulla lotta alle pratiche ingannevoli.
Il messaggio è chiaro: il semplice pagamento di una somma non può essere equiparato a un processo di verifica dell’identità, e le piattaforme devono garantire che gli utenti possano comprendere facilmente l’autenticità degli account con cui interagiscono.
La reazione di X alla decisione è attesa nelle prossime ore.
La piattaforma potrà decidere se adeguarsi alle richieste della Commissione, modificando in profondità il suo sistema di verifica e gli strumenti di trasparenza, o se contestare la sanzione dinanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
