Negli ultimi mesi, è diventato chiaro ai legislatori statunitensi che, in assenza di un intervento significativo, la Cina potrebbe far atterrare esseri umani sulla Luna prima che gli Stati Uniti possano tornarci con il Programma Artemis.
Finora, il Congresso non ha intrapreso azioni concrete: un’infusione di 10 miliardi di dollari nel bilancio della NASA questa estate non ha praticamente fornito fondi per gli sforzi necessari a far atterrare astronauti sul nostro satellite entro questo decennio.
Ora, però, una sottocommissione del Comitato per lo Spazio, la Scienza e la Tecnologia della Camera dei Rappresentanti ha iniziato a riesaminare la politica dell’agenzia spaziale, esprimendo preoccupazione per la competizione cinese nel volo spaziale civile.
Durante un’audizione a Washington, i membri della sottocommissione hanno chiesto a un panel di esperti come la NASA possa mantenere la sua leadership globale nello spazio rispetto alla Cina e, più nello specifico, come migliorare il Programma Artemis per raggiungere la Luna più rapidamente.
Le critiche radicali all’architettura di Artemis
La critica più severa al Programma Artemis è stata espressa dall’ex Amministratore della NASA, Mike Griffin.
Da tempo, Griffin è un critico dell’approccio dell’agenzia spaziale verso l’istituzione di quello che viene definito un percorso “sostenibile” per il ritorno alla Luna, che si basa su lander lunari riutilizzabili che vengono riforniti di carburante nello spazio.
Griffin ha reiterato questa critica durante l’audizione, senza nominare direttamente SpaceX o Blue Origin, e i loro lander Starship e Blue Moon Mk 2.
“La conclusione è che un’architettura che richiede un numero elevato di voli di rifornimento in orbita terrestre bassa, nessuno sa davvero quanti, e che utilizza una tecnologia che non è mai stata dimostrata nello spazio, è molto improbabile che funzioni”, ha dichiarato Griffin.
“Improbabile al punto da poter dire che non può funzionare“, ha aggiunto con decisione.
La sfida della pianificazione a lungo termine: USA vs. Cina
Nel porre le loro domande, alcuni membri del Congresso hanno notato come la Cina abbia fatto un lavoro migliore nell’stabilire piani a lungo termine per l’esplorazione spaziale e nel mantenerli.
La NASA, al contrario, è stata sballottata dai cambi di leadership alla Casa Bianca e al Congresso, che hanno influenzato programmi e obiettivi.
La domanda posta è stata se non sarebbe meglio, per gli Stati Uniti, mantenere una rotta definita senza continui cambi di direzione.
“Rimanere fedeli a un piano è importante quando il piano ha senso”, ha risposto Mike Griffin.
“La Cina sta mantenendo un piano che ha senso. Assomiglia molto, in effetti, a quello che fecero gli Stati Uniti per il Programma Apollo. È provato che ha funzionato. Mantenere un piano che non funzionerà per Artemis III e le missioni successive non ha alcun senso”, ha concluso l’ex capo della NASA.
La necessità di una risposta strategica alla competizione lunare
L’audizione ha messo in luce una crescente ansia strategica all’interno della classe politica americana.
La percezione è che la Cina stia avanzando con determinazione e coerenza verso il suo obiettivo di uno sbarco umano sulla Luna, mentre il Programma Artemis, nonostante i successi iniziali, appare complesso, costoso e legato a tecnologie non ancora pienamente mature.
Il dibattito non verte solo sulla velocità, ma sull’efficacia stessa dell’approccio scelto.
L’architettura che fa perno su un Gateway lunare e su lander riutilizzabili e rifornibili in orbita è pensata per la sostenibilità a lungo termine, ma potrebbe rivelarsi un ostacolo per raggiungere l’obiettivo primario nel breve termine: battere la Cina.
Alcuni esperti e legislatori iniziano a chiedersi se non sia necessario un ripensamento, o quantomeno un potenziamento massiccio, per garantire che il ritorno americano sulla Luna avvenga prima di quello cinese.
La posta in gioco non è solo scientifica o di prestigio, ma geopolitica: la prima nazione a stabilire una presenza umana sostenibile sulla Luna potrebbe dettare le regole per l’utilizzo delle risorse e definire le norme di condotta per le future attività spaziali.
Le implicazioni per l’industria spaziale privata
Le critiche di Griffin, sebbene non nominassero le aziende, sono un chiaro riferimento al ruolo centrale che SpaceX di Elon Musk e Blue Origin di Jeff Bezos hanno nel Programma Artemis.
Il successo dell’intera architettura lunare della NASA dipende infatti dalla capacità di SpaceX di rendere operativo e affidabile il sistema Starship, con le sue complesse manovre di rifornimento in orbita.
Allo stesso tempo, la NASA conta sul lander Blue Moon di Blue Origin per le missioni successive alla prima.
L’audizione al Congresso solleva quindi interrogativi anche sul modello di partnership pubblico-privato che ha caratterizzato l’era spaziale moderna americana.
Mentre da un lato ha accelerato l’innovazione e ridotto i costi, dall’altro espone il programma nazionale a rischi legati allo sviluppo di tecnologie radicali e non ancora collaudate.
La domanda che risuona nei corridoi di Washington è se questo modello, vincente per l’accesso all’orbita terrestre bassa, sia altrettanto adatto a una corsa contro il tempo verso un obiettivo strategico come la Luna.
La risposta del Congresso a queste preoccupazioni potrebbe tradursi in nuove direttive per la NASA, pressioni per accelerare le tempistiche o, in uno scenario estremo, in una richiesta di sviluppare un piano alternativo o parallelo più tradizionale.
Il confronto con la Cina sta dunque costringendo gli Stati Uniti a un doloroso esame di coscienza sulla propria direzione spaziale, con il rischio concreto di perdere la supremazia in un dominio che hanno a lungo considerato proprio.
