Dopo una curiosa assenza nella build finale, la tanto attesa funzione di sblocco con impronta digitale a schermo spento fa il suo ritorno ufficiale sui telefoni Google Pixel con l’aggiornamento Android 16 QPR2. La novità, segnalata per prima dagli utenti sui forum, riappare silenziosamente nel menu delle impostazioni, riallineando l’esperienza d’uso dei Pixel a quella di molti altri smartphone Android. Tuttavia, l’accesso a questa comodità non è uniforme: mentre i possessori dei modelli più recenti la trovano abilitata di default, gli utenti di Pixel più datati devono ricorrere a un comando da terminale per attivarla, sollevando interrogativi sulle scelte software del colosso di Mountain View.
La vicenda ricorda una partita a nascondino tra Google e i suoi utenti più attenti. La funzione era chiaramente presente e testabile nelle prime versioni beta di Android 16 e nelle build Developer Preview, per poi sparire misteriosamente nella release pubblica stabile. Con l’arrivo dell’aggiornamento trimestrale QPR2 (Quarterly Platform Release 2), l’opzione è riemersa senza annunci ufficiali. Diversi possessori di Google Pixel 9 e Pixel 10 hanno confermato su Reddit di aver trovato la nuova voce “Sblocco con l’impronta a schermo spento” dopo l’installazione, navigando in Impostazioni > Sicurezza e privacy > Sblocco dispositivo > Impronta.
La funzione rappresenta un significativo miglioramento dell’usabilità quotidiana. Permette di sbloccare il telefono semplicemente appoggiando il dito sullo scanner di impronte digitali, senza bisogno di premere il pulsante di accensione o toccare lo schermo per risvegliarlo prima. Questo allinea l’esperienza dei Pixel a quella comune su molti dispositivi di altri produttori, dove un unico gesto fluido e rapido consente l’accesso allo smartphone.
La differenza sta nel sensore: ultrasuoni contro ottico
La ragione della distribuzione apparentemente selettiva della funzione risiede nella tecnologia hardware utilizzata. Google ha implementato inizialmente la modalità per la serie Pixel 9, che monta uno scanner di impronte digitali a ultrasuoni. Questo tipo di sensore, presente anche sui Pixel 10, invia onde sonore per mappare i dettagli tridimensionali del polpastrello, funzionando in modo efficace anche con il display spento.
I modelli precedenti, come il Pixel 8 Pro, il Pixel 7 e gli antenati, utilizzano invece uno scanner ottico. Questo sensore funziona catturando un’immagine 2D del dito, il che richiede che il display sia illuminato per brevi istanti per fornire la luce necessaria alla lettura. È probabile che Google abbia inizialmente ritenuto questa tecnologia meno affidabile per un funzionamento a schermo spento, optando per limitare la visibilità dell’interruttore nei menu ufficiali ai soli modelli con sensore a ultrasuoni.
Senza questa opzione, l’utente di un Pixel più vecchio è costretto a un passaggio aggiuntivo: deve prima risvegliare il display (con un tap, sollevando il telefono o premendo il tasto di accensione) e solo poi appoggiare il dito sullo scanner. Una procedura che, seppur di pochi istanti, rompe la fluidità dell’esperienza utente che ci si aspetta da un dispositivo moderno.
La soluzione alternativa per i modelli precedenti
Fortunatamente per gli utenti esperti, esiste una via d’uscita. Anche sui Pixel con sensore ottico, il codice necessario per lo sblocco a schermo spento è presente nel sistema operativo, ma semplicemente nascosto. Per attivarlo, è necessario utilizzare il tool di debug ADB (Android Debug Bridge) da un computer.
Il processo richiede di:
- Abilitare le opzioni per sviluppatori e il debug USB sul proprio Pixel.
- Collegare il telefono a un computer con i driver ADB installati.
- Aprire un terminale o prompt dei comandi ed eseguire il comando specifico.
Il comando da impartire è: adb shell settings put secure screen_off_udfps_enabled 1. Una volta eseguito e riavviato il dispositivo, lo scanner di impronte risponderà anche a schermo spento, pur senza che l’interruttore appaia magicamente nel menu delle Impostazioni.
È importante notare che questa attivazione manuale potrebbe avere un lieve impatto sul consumo della batteria, poiché il sensore o parti del firmware devono rimanere in uno stato di ascolto più attivo. Per molti utenti, tuttavia, il compromesso tra un minimo di autonomia in meno e una notevole comodità d’uso quotidiana è più che accettabile. Questa soluzione dimostra come spesso le limitazioni software siano imposte per scelte strategiche o di ottimizzazione conservativa, piuttosto che per impossibilità tecnica assoluta.
La gestione di questa funzione da parte di Google solleva domande sulla sua strategia di rilascio delle funzionalità. L’approccio “nascondi e riporta alla luce” senza comunicazione chiara crea confusione nella community. Il ripristino con l’Android 16 QPR2 sembra un passo nella giusta direzione, ma la distinzione tra hardware di diverse generazioni lascia intendere che l’azienda potrebbe continuare a riservare alcune raffinatezze software esclusivamente ai modelli più nuovi, spingendo indirettamente all’aggiornamento dell’hardware. Per ora, gli utenti con un Pixel “datato” hanno almeno una strada, seppur tecnica, per riconquistare un po’ di quella fluidità moderna.
