Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha presentato in tribunale un piano per costringere Google a cedere la sua piattaforma di gestione degli annunci pubblicitari e il relativo mercato. La proposta fa parte di un tentativo di porre fine a quella che il governo definisce una “campagna decennale di condotta escludente”, già dichiarata illegittima da un giudice in base alle leggi antitrust.
Lunedì, sia il Dipartimento di Giustizia che Google hanno presentato le loro richieste per rimediare al monopolio tecnologico dell’azienda nel settore della pubblicità digitale. Il piano del DOJ prevede che Google venda due componenti fondamentali del suo business: l’Ad Exchange (AdX) e la piattaforma di gestione degli annunci DoubleClick for Publishers (DFP), ora rinominata Google Ad Manager. Google, che intende appellarsi alla sentenza originaria, chiede invece al tribunale di imporre modifiche mirate alle pratiche commerciali, mantenendo intatta la struttura aziendale.
Le richieste del Dipartimento di Giustizia
La proposta di vendita di AdX si basa sulla sentenza di aprile, in cui il tribunale ha stabilito che la piattaforma rendeva “più difficile per i clienti su entrambi i lati del mercato pubblicitario passare a exchange concorrenti”. Il DOJ chiede che Google venda il business AdX “il prima possibile”, applicando nel frattempo una soluzione provvisoria che obblighi il marketplace a collaborare con altri sistemi. Inoltre, propone di vietare a Google di operare nel settore degli ad exchange per 10 anni.
Per quanto riguarda Ad Manager/DFP, il Dipartimento suggerisce una cessione “graduale”. Questa misura risponde all’accusa secondo cui Google avrebbe costretto i clienti a utilizzare un prodotto “che altrimenti non avrebbero scelto”, legando DFP ad AdX e imponendo politiche impopolari.
Le fasi della dismissione
Nella prima fase, il DOJ propone che Google crei un’API per integrare la piattaforma con altri exchange pubblicitari, oltre a fornire uno strumento di esportazione dati per i publisher. Successivamente, chiede che Google rilasci il codice degli auction finali degli annunci con licenza open-source, impedendole di riutilizzarlo in prodotti come DFP, Android e Chrome. L’ultima fase prevede la cessione definitiva di DFP a un’entità separata da quella che acquisirà AdX.
Il Dipartimento chiede inoltre a Google di condividere i dati raccolti tramite DFP e di non sfruttare informazioni privilegiate da YouTube, Gmail, Search, Chrome e Android per ottenere vantaggi sleali.
La risposta di Google
Google respinge queste proposte, sostenendo di aver acquisito AdX e DFP legalmente e che una dismissione forzata richiederebbe la creazione di nuove versioni esterne dei servizi, un processo stimato in almeno cinque anni. L’azienda avverte che questo danneggerebbe i clienti e distoglierebbe risorse preziose dall’innovazione.
Come alternativa, Google propone di vietare alcune pratiche commerciali contestate dal DOJ, tra cui le regole di prezzo unificato (UPR) e strumenti come First Look e Last Look, già abbandonati nel 2019. L’azienda si impegna inoltre a rendere accessibili le offerte in tempo reale di AdX ai server concorrenti.
La pressione antitrust su Google si intensifica: il DOJ sta già chiedendo in un altro processo la vendita di Chrome, dopo che il motore di ricerca è stato dichiarato monopolio. Queste nuove proposte minacciano di smembrare ulteriormente l’impero tecnologico di Alphabet.
