La schermata di blocco degli smartphone Android potrebbe presto rivelare un’informazione cruciale, finora nascosta: il numero IMEI.
Secondo le ultime scoperte nei codici dell’app Sicurezza Personale di Google, il colosso di Mountain View starebbe testando una funzionalità che permetterebbe di visualizzare l’identificativo unico del dispositivo direttamente dalla schermata di blocco, accedendo al menu delle informazioni del telefono tramite la tastiera di emergenza.
Una mossa che segnerebbe un’inversione a U rispetto alle precedenti posizioni dell’azienda, motivata dalla necessità di aiutare le forze dell’ordine a identificare più rapidamente i telefoni rubati o smarriti, ma che solleva anche nuovi interrogativi in materia di privacy e sicurezza dei dati.
Come funzionerà la nuova funzionalità
Attualmente, per conoscere il numero IMEI di un telefono Android bloccato non esiste una procedura immediata.
L’utente è costretto a cercare il codice sulla scatola originale del dispositivo o, in alternativa, a sbloccare il telefono e navigare fino alla sezione “Informazioni sul telefono” nelle Impostazioni.
La situazione potrebbe cambiare radicalmente grazie all’app Sicurezza Personale, componente fondamentale dell’ecosistema Android.
Analizzando l’ultima versione in sviluppo dell’app (v2025.11.13.831777920), gli esperti hanno individuato stringhe di codice e riferimenti a una nuova opzione.
Il meccanismo sembra essere intuitivo: dalla schermata di blocco, l’utente dovrà premere il pulsante “Emergenza” per aprire la tastiera per le chiamate di soccorso.
In alto a destra di questa schermata, comparirà un menu a tendina con la voce “Informazioni dispositivo”.
Selezionandola, verrà visualizzato il numero IMEI del telefono, permettendo a chiunque di leggerlo senza bisogno di credenziali di sblocco.
Una svolta per il recupero dei dispositivi, ma con rischi
L’introduzione di questa funzione rappresenterebbe un cambiamento di rotta significativo per Google.
Solo pochi mesi fa, l’azienda aveva respinto con decisione una richiesta simile avanzata da un utente sulla sua piattaforma di segnalazioni, marcandola come “Non da correggere”.
La motivazione addotta era la sensibilità del dato IMEI, che nelle mani sbagliate avrebbe potuto essere utilizzato per attività fraudolente.
Ora, però, il testo descrittivo trovato nel codice racconta una storia diversa: “Se questo dispositivo viene perso o rubato, le forze dell’ordine possono utilizzare il numero IMEI per restituirtelo”.
Il vantaggio è evidente: un agente di polizia che recupera un telefono bloccato potrebbe verificarne immediatamente lo stato (ad esempio, se risulta denunciato come rubato) tramite una semplice query sull’IMEI, senza dover ricorrere a procedure invasive o alla cancellazione dei dati del legittimo proprietario.
Questa funzionalità potrebbe rivelarsi uno strumento potente per contrastare il mercato nero dei cellulari e accelerare i recuperi.
Tuttavia, la comunità della sicurezza informatica esprime preoccupazione.
Rendere l’IMEi accessibile a chiunque abbia il telefono in mano, anche per pochi secondi, apre la porta a potenziali abusi.
Il numero potrebbe essere copiato e utilizzato per attività di clonazione del dispositivo o in altre frodi legate all’identità del telefono.
Resta da vedere se Google implementerà l’opzione come attiva di default o la offrirà come scelta configurabile dall’utente nelle impostazioni di sicurezza.
Un approccio “opt-in”, dove l’utente decide consapevolmente di esporre il proprio IMEI, potrebbe essere un compromesso per bilanciare utilità pubblica e rischio individuale.
Il contesto più ampio: sicurezza e accessibilità in evoluzione
Questa potenziale novità si inserisce in un percorso più ampio di Google volto a potenziare gli strumenti di sicurezza e recupero per Android.
L’app Sicurezza Personale ha già integrato funzioni come il rilevamento di incidenti stradali e la condivisione della posizione in tempo reale con i contatti di fiducia.
Esporre l’IMEI sulla schermata di blocco rappresenterebbe un’estensione logica di questa filosofia, privilegiando la possibilità di riottenere il dispositivo fisico in caso di furto.
È un calcolo che pesa il rischio teorico di una cattiva utilizzazione dell’IMEI contro il beneficio concreto di un recupero più efficiente da parte delle autorità.
La mossa è osservata con attenzione anche da altri produttori del mondo Android, che spesso seguono l’innovazione introdotta da Google nei software di base.
Mentre il dibattito tra facilità di recupero e protezione dei dati sensibili continua, gli utenti si troveranno presto a dover considerare un nuovo tassello nelle complesse scelte che riguardano la sicurezza dei propri dispositivi mobili.
