Letizia Petris, ex concorrente del Grande Fratello e oggi influencer molto seguita, ha rotto il silenzio con un duro sfogo sui social.
Attraverso il suo profilo Instagram, la giovane ha rivelato di aver sporto denuncia contro una persona che la perseguita da oltre due anni, un passo inevitabile dopo mesi di segnalazioni e tentativi di tutelarsi senza ricorrere alle vie legali.
Il suo messaggio è un appello forte al rispetto e alla responsabilità digitale, ma anche un atto di coraggiosa autodifesa dopo una lunga e logorante persecuzione online.
Letizia Petris ha spiegato che l’autore – o l’autrice – degli attacchi rimane ancora ignoto.
Nonostante i continui report inviati alla piattaforma di Meta, il profilo incriminato veniva chiuso per poi ricomparire con nuovi account, in un ciclo infinito di insulti, diffamazioni e pubblicazioni di contenuti falsi.
«Ho segnalato almeno mille volte a Instagram, ma nonostante il profilo venisse chiuso, questa persona poteva crearne altri, quindi era un continuo», ha raccontato con tono esasperato.
La decisione finale di sporgere denuncia è stata per lei un atto di autodifesa, ma anche di responsabilità personale e sociale.
«Sono stanca. Non vedo l’ora di scoprire chi sei», ha scritto Letizia Petris rivolgendosi direttamente al suo persecutore.
«Non sono nota per fare questo tipo di cose, anzi, avrei potuto farlo con tante altre persone, ma ho scelto di non creare problemi. Questa volta no. Questa volta scelgo di difendermi».
Queste parole segnano una svolta netta nell’approccio di molti personaggi pubblici alle molestie online, spesso sottovalutate o gestite in privato per non alimentare polemiche.
La differenza tra critica e persecuzione: il monito di Letizia Petris
Nel suo lungo sfogo, l’ex concorrente del Grande Fratello affronta un tema cruciale e spesso ignorato nel dibattito pubblico: il confine netto che separa la critica legittima dalla persecuzione.
«Aver fatto il Grande Fratello non vi dà il permesso di denigrarci, minacciarci o insultarci», ha ricordato con fermezza.
Il limite della libertà di espressione, sui social network, sembra troppo spesso superato da utenti che confondono l’opinione personale con l’aggressione verbale sistematica e l’hate speech.
Letizia Petris ha poi sottolineato un aspetto sorprendente e inquietante emerso dalla sua esperienza: molti degli insulti e delle minacce arrivano da profili appartenenti a donne adulte, spesso madri o nonne.
«Fa paura, ma soprattutto mi dispiace», ha commentato.
«Tra donne dovremmo essere una squadra, invece passiamo le nostre giornate a insultare altre donne».
Questa osservazione apre una riflessione più ampia sulla tossicità che può annidarsi nelle comunità online, anche tra fasce d’età che ci si aspetterebbe più equilibrate.
Il peso della vita sotto i riflettori e la risposta legale
La vicenda di Letizia Petris riporta l’attenzione sul lato oscuro della notorietà, specialmente per chi l’ha acquisita attraverso programmi di reality show come il Grande Fratello di Canale 5.
L’esposizione mediatica, amplificata dai social network come Instagram e TikTok, può trasformarsi in un’arma a doppio taglio, attirando non solo consensi ma anche odio gratuito e comportamenti ossessivi.
La decisione di Petris di passare alle vie legali rappresenta un precedente importante, che incoraggia altre vittime a non sottovalutare le molestie digitali.
La denuncia sporta è un atto formale che attiva le indagini delle autorità competenti.
In casi di stalking digitale, le forze dell’ordine possono risalire all’identità del molestatore anche attraverso account anonimi, collaborando con i gestori delle piattaforme social.
Le pene per stalking, previste dall’articolo 612-bis del codice penale italiano, possono includere la reclusione e misure cautelari come l’ammonimento o il divieto di avvicinamento.
Social network e responsabilità delle piattaforme
Un altro nodo cruciale sollevato dal caso è la responsabilità delle piattaforme social, in questo caso Meta, proprietaria di Instagram, nella gestione delle segnalazioni.
Letizia Petris ha denunciato l’inefficacia del sistema di report, descritto come un circolo vizioso: l’account viene chiuso, ma il molestatore ne apre facilmente un altro, rendendo la difesa una battaglia estenuante.
Questo meccanismo mette in luce le criticità dei protocolli di moderazione dei contenuti, spesso accusati di essere lenti e poco deterrenti contro gli utenti malintenzionati e determinati.
La legislazione europea, con il Digital Services Act, sta cercando di imporre obblighi più stringenti alle grandi piattaforme online per contrastare i contenuti illeciti e proteggere gli utenti.
Tuttavia, l’applicazione concreta di queste norme e la loro efficacia nel prevenire casi come quello denunciato dall’influencer italiana restano una sfida aperta.
Il messaggio lanciato da Letizia Petris va oltre la sua vicenda personale.
È un appello alla consapevolezza digitale, al rispetto della persona al di là dello schermo e alla necessità di ripristinare un clima di civile discussione online.
Scegliere di non tacere, come ha fatto lei, non è solo un modo per cercare giustizia, ma anche per spezzare l’isolamento in cui spesso si trovano le vittime di cyberbullismo e stalking, incoraggiando una reazione collettiva contro ogni forma di abuso digitale.
