La crisi dell’istruzione superiore nell’era dell’intelligenza artificiale si manifesta attraverso episodi sempre più paradossali.
Dai temi di riflessione personale generati automaticamente fino ai sistemi per attestare presenze fisiche mai avvenute, il mondo accademico sta vivendo una trasformazione epocale.
L’ultimo caso, emerso all’Università dell’Illinois e poi approdato sul New York Times, rappresenta perfettamente le frustrazioni di docenti e studenti in questo nuovo panorama educativo.
Il Sistema di Controllo Presenze e la Sua Evasione
Al centro della vicenda c’è il corso Data Science Discovery, tenuto dalla professoressa di statistica Karle Flanagan e dall’informatico Wade Fagen-Ulmschneider.
Con oltre mille studenti distribuiti in più sezioni, il corso utilizza per le presenze uno strumento chiamato Data Science Clicker.
Il meccanismo sembrava ben congegnato: durante ogni lezione veniva mostrato un codice QR che, una volta scansionato, portava a una domanda a scelta multipla personalizzata.
Gli studenti avevano circa novanta secondi per rispondere, dimostrando così la loro effettiva presenza in aula.
La partecipazione contava per una piccola percentuale del voto finale, un incentivo sufficiente a garantire l’adesione al sistema.
Poche settimane dopo l’inizio del semestre autunnale, però, i docenti hanno notato un’anomalia inspiegabile.
Il numero di risposte correttamente inviate attraverso il Data Science Clicker superava di gran lunga il numero effettivo di studenti fisicamente presenti in aula.
Evidentemente qualcosa nel sistema di verifica non funzionava come previsto.
L’Investigazione Tecnica e la Rete di Collusione
I professori Flanagan e Fagen-Ulmschneider hanno avviato un’indagine approfondita analizzando i dati a loro disposizione.
Hanno controllato il numero di refresh sul sito, gli indirizzi IP dei dispositivi connessi e hanno esaminato meticolosamente i log del server.
Quello che è emerso è stato un sistema organizzato di condivisione delle informazioni in tempo reale.
Alcuni studenti, effettivamente presenti in aula, avvisavano i compagni assenti nel momento esatto in cui le domande diventavano attive.
Questo permetteva a chi non si era recato a lezione di accedere al questionario da remoto e rispondere comunque correttamente, facendo credere al sistema di essere in aula.
La tecnologia, progettata per garantire trasparenza, era stata abilmente aggirata sfruttando le stesse dinamiche collaborative che spesso le università cercano di promuovere.
Il Contesto Più Ampio: La Sfida Educativa nell’Era Digitale
Questo episodio non è che l’ultimo di una lunga serie di sfide che le istituzioni accademiche devono affrontare.
L’intelligenza artificiale ha reso possibile:
- La generazione automatica di elaborati scritti, compresi quelli che dovrebbero rappresentare riflessioni personali
- La sintesi di testi complessi, scoraggiando la lettura integrale di materiali lunghi più di dieci pagine
- La creazione di sistemi collaborativi che talvolta sfociano in vere e proprie forme di cheating digitale
Quello che sorprende molti educatori non è solo la facilità con cui questi strumenti vengono utilizzati, ma la disinvoltura con cui gli studenti si approcciano a queste pratiche.
Spesso appaiono genuinamente sorpresi quando vengono scoperti, come se il confine tra collaborazione lecita e inganno fosse diventato incredibilmente labile.
Il caso dell’Università dell’Illinois dimostra che la risposta non può essere semplicemente tecnologica.
Ogni nuovo sistema di controllo può potenzialmente essere aggirato, innescando una corsa agli armamenti tra docenti e studenti.
La soluzione deve invece passare attraverso un ripensamento più profondo dei metodi di valutazione e della relazione educativa.
Forse è arrivato il momento di chiedersi se sistemi di verifica delle presenze così rigidi abbiano ancora senso in un’epoca in cui i contenuti sono accessibili da qualsiasi luogo.
O se, invece, le università dovrebbero concentrarsi sulla creazione di esperienze di apprendimento così coinvolgenti e significative da rendere desiderabile la partecipazione fisica.
Mentre il dibattito continua, casi come questo servono da monito per tutte le istituzioni educative che navigano le acque ancora inesplorate dell’istruzione potenziata dall’intelligenza artificiale.
