La società di intelligenza artificiale OpenAI ha presentato un ricorso per annullare una sentenza che la obbliga a consegnare venti milioni di conversazioni private degli utenti di ChatGPT al New York Times e ad altri editori che l’hanno citata in giudizio per presunta violazione del copyright.
Sebbene OpenAI avesse inizialmente proposto di fornire venti milioni di chat come contrapposizione alla richiesta del New York Times di ottenerne centoventi milioni, l’azienda sostiene ora che l’ordine del tribunale che impone la produzione delle conversazioni sia troppo ampio e invasivo.
La vicenda giudiziaria si sta svolgendo presso la Corte Distrettuale degli Stati Uniti per il Distretto Meridionale di New York e solleva questioni cruciali sul bilanciamento tra indagini legali e privacy degli utenti.
Le ragioni del ricorso: privacy a rischio e richiesta sproporzionata
In un documento depositato oggi in tribunale, OpenAI ha spiegato nel dettaglio le proprie obiezioni.
“I log in questione sono conversazioni complete: ogni log nel campione di venti milioni rappresenta uno scambio integrale di multiple coppie prompt-risposta tra un utente e ChatGPT”, ha dichiarato l’azienda.
Ha poi aggiunto: “La divulgazione di questi log è quindi molto più probabile che esponga informazioni private, nello stesso modo in cui ascoltare un’intera conversazione rivela più informazioni riservate rispetto a un frammento di conversazione di cinque secondi”.
OpenAI ha sottolineato che “più del 99,99%” delle chat richieste “non ha nulla a che fare con questo caso”.
L’azienda ha pertanto chiesto alla corte distrettuale di “annullare l’ordine e di imporre agli Editori Attori di rispondere alla proposta di OpenAI per l’identificazione dei log pertinenti”.
Qualora il tribunale distrettuale non dovesse accogliere il ricorso, OpenAI avrebbe la possibilità di rivolgersi a una corte d’appello federale per un ulteriore grado di giudizio.
La comunicazione agli utenti e l’accusa al New York Times
Parallelamente all’azione legale, OpenAI ha pubblicato un messaggio sul proprio sito web indirizzato a tutti gli utenti di ChatGPT.
In esso, l’azienda informa la comunità che “Il New York Times sta chiedendo che consegniamo venti milioni delle vostre conversazioni private con ChatGPT”.
La motivazione addotta da OpenAI per questa richiesta è che il giornale voglia “trovare esempi di voi che utilizzate ChatGPT per cercare di aggirare la loro paywall”, il sistema che limita l’accesso agli articoli agli abbonati.
Questa mossa comunicativa diretta evidenzia la volontà di OpenAI di coinvolgere gli utenti nel dibattito, presentandosi come paladina della loro privacy contro le richieste di un grande gruppo mediatico.
La privacy degli utenti di ChatGPT oltre il caso New York Times
La preoccupazione per la riservatezza dei dati degli utenti di ChatGPT va ben oltre la causa intentata dal New York Times.
Esempi concreti hanno dimostrato che le conversazioni con l’assistente intelligente possono non rimanere confinate alla piattaforma.
Alcuni dialoghi di ChatGPT sono stati infatti ritrovati indicizzati nei risultati di ricerca di Google e all’interno di Google Search Console, lo strumento che gli sviluppatori utilizzano per monitorare il traffico di ricerca verso i propri siti.
Questi episodi hanno messo in luce vulnerabilità potenziali nella gestione e nella protezione dei dati generati dagli utenti durante l’interazione con l’intelligenza artificiale.
Le nuove misure di sicurezza annunciate da OpenAI
Per rispondere a queste crescenti preoccupazioni, OpenAI ha annunciato oggi l’intenzione di potenziare le misure di sicurezza.
L’azienda ha dichiarato che pianifica di sviluppare “funzionalità di sicurezza avanzate progettate per mantenere privati i vostri dati, inclusa la crittografia lato client per i vostri messaggi con ChatGPT”.
La crittografia lato client è una tecnologia che garantirebbe che i messaggi vengano cifrati sul dispositivo dell’utente prima ancora di essere inviati ai server di OpenAI, rendendone estremamente difficile l’accesso a terzi, compresa la stessa azienda, senza la chiave di decrittazione in possesso dell’utente.
Questo annuncio rappresenta un chiaro tentativo di rassicurare la base utenti e di adeguarsi a standard di protezione dei dati sempre più stringenti, in un contesto normativo, come quello europeo con il GDPR, che punisce severamente le violazioni della privacy.
