Il colosso del software Oracle sta affrontando una delle fasi più delicate della sua storia recente.
Le sue azioni hanno perso oltre un quarto del proprio valore nell’ultimo mese, un caldo quasi doppio rispetto a quello registrato da altri giganti tecnologici come Meta.
La causa di questa emorragia finanziaria risiede nella strategia aggressiva con cui la società texana sta affrontando la transizione verso l’intelligenza artificiale, un piano che prevede investimenti per centinaia di miliardi di dollari e che ha iniziato a destare serie preoccupazioni tra gli investitori di Wall Street.
Il punto di svolta è avvenuto a settembre, quando Oracle ha rivelato i suoi accordi con OpenAI, la società creatrice di ChatGPT, impegnandosi a fornire una capacità computazionale senza precedenti.
La corsa all’oro dell’IA e il prezzo da pagare
Fondata da Larry Ellison, Oracle ha compiuto un ingresso drammatico nella corsa globale all’intelligenza artificiale.
Il gruppo si è impegnato a spendere centinaia di miliardi di dollari nei prossimi anni per l’acquisto di chip e la costruzione di data center, infrastrutture necessarie per onorare gli impegni presi con OpenAI.
La velocità e la scala di queste mosse hanno turbato alcuni investitori, in un momento in cui i mercati sono particolarmente attenti alle spese in conto capitale dei cosiddetti iperscaler, le grandi aziende tecnologiche che costruiscono immense strutture di calcolo.
La discesa in borsa ha cancellato oltre 250 miliardi di dollari di guadagni in termini di capitalizzazione di mercato, vanificando l’euforia seguita all’annuncio degli accordi di settembre.
Anche il debito societario di Oracle non se la passa meglio: un indice del Financial Times che ne traccia il prezzo è sceso di circa il 6% da metà settembre, un risultato significativamente peggiore rispetto a qualsiasi altro suo pari.
Un cambio di rotta rischioso e tardivo
La preoccupazione degli analisti è amplificata dal fatto che Oracle ha completato la sua transizione dal software aziendale al cloud computing in ritardo rispetto ai suoi principali rivali.
Ora, la sua strategia sembra essersi concentrata su una scommessa totale sull’intelligenza artificiale, un piano le cui sorti appaiono legate in maniera significativa al successo di OpenAI.
“Questo è un modello di business completamente diverso da quello che gli investitori premiano nei servizi cloud”, ha affermato Alex Haissl di Rothschild & Co Redburn.
“Gli accordi sembrano fantastici se si guardano le cifre dei ricavi, ma sono molto intensivi di capitale e quindi creano pochissimo valore”.
Il timore è che gli elevati investimenti, se non supportati da ritorni concreti, possano erodere la redditività della società nel medio-lungo periodo.
Il contesto generale: la bolla speculativa sull’IA
Le preoccupazioni su Oracle si inseriscono in un contesto di mercato più ampio, dove gli investitori iniziano a guardare con scetticismo le valutazioni elevate e le enormi spese in conto capitale di un ristretto gruppo di aziende tecnologiche.
Il rischio è che questo massiccio sforzo finanziario possa rivelarsi un boomerang se una manciata di startup di intelligenza artificiale in perdita, come OpenAI e Anthropic, non dovessero mantenere le promesse fatte sulla tecnologia.
In altre parole, l’intero ecosistema costruito attorno all’IA generativa sta mostrando i primi segni di fragilità.
Oracle, con la sua esposizione diretta e di grande portata a OpenAI, si trova quindi in una posizione particolarmente esposta.
La performance negativa delle sue azioni e delle sue obbligazioni è un segnale chiaro che Wall Street sta valutando non solo le opportunità, ma anche i pericoli insiti in questa nuova e costosissima era tecnologica.
La sfida per Oracle sarà dimostrare di poter convertire gli enormi investimenti in flussi di cassa stabili e profitti, un’impresa che richiederà tempo e che, nel frattempo, terrà i mercati finanziari col fiato sospeso.
