La Commissione europea ha avviato un’indagine formale contro Google, mettendo sotto la lente d’ingrandimento la sua nuova politica contro l’abuso di reputazione dei siti web. L’iniziativa, guidata dalla Vicepresidente esecutiva Margrethe Vestager, nasce da preoccupazioni concrete riguardo l’impatto negativo che questa regolamentazione potrebbe avere sugli editori digitali europei. Le autorità sospettano che il sistema implementato dal colosso di Mountain View possa penalizzare ingiustamente nei risultati di ricerca quei siti che ospitano contenuti realizzati da partner commerciali, limitando di fatto una fonte di monetizzazione considerata legittima. L’indagine è partita dopo che numerose testate giornalistiche europee hanno segnalato un crollo significativo della loro visibilità nelle pagine dei risultati di ricerca (SERP) in seguito all’introduzione delle nuove regole da parte della big tech statunitense.
La Politica Contestata e le Preoccupazioni degli Editori
La politica di Google in esame è stata creata con l’obiettivo dichiarato di ridurre la diffusione di contenuti spam nei risultati di ricerca. Nello specifico, essa colpisce quei siti web che, sfruttando il loro elevato posizionamento su Google, pubblicano contenuti prodotti da siti terzi con una reputazione inferiore, garantendo a questi ultimi una visibilità che altrimenti non avrebbero. Google ha difeso pubblicamente la misura, definendola necessaria per contrastare pratiche ingannevoli di tipo “pay-for-play”, che finirebbero per alterare la qualità complessiva dell’esperienza di ricerca per gli utenti finali. Tuttavia, dall’altra parte della barricata, gli editori europei sostengono che questa politica vada ben oltre la lotta allo spam, rischiando di soffocare modelli di business collaborativi e trasparenti.
L’allarme è stato lanciato da un consistente numero di realtà editoriali che hanno visto le proprie performance online ridursi drasticamente. Queste testate affermano che i contenuti prodotti da partner affidabili e di qualità, chiaramente identificati come tali, sono stati declassati dall’algoritmo di Google. La conseguenza diretta è stata un calo del traffico organico e, quindi, dei ricavi pubblicitari, in un momento già complesso per il settore dell’informazione online. La Commissione europea sta ora valutando se questa politica non costituisca, di fatto, un abuso di posizione dominante da parte di Google, che controlla la stragrande maggioranza del mercato delle ricerche in Europa.
La Reazione di Google e il Precedente Tedesco
Google ha espresso forte disappunto per l’avvio dell’indagine, definendola fuorviante e potenzialmente dannosa per milioni di utenti europei. In una dichiarazione ufficiale, l’azienda ha ribadito il suo impegno nel mantenere elevata la qualità dei risultati di ricerca, proteggendo gli utenti da contenuti di bassa qualità e manipolatori. Pandu Nayak, chief scientist di Google Search, ha pubblicato un articolo dettagliato sul blog ufficiale della società, The Keyword, per spiegare la posizione dell’azienda. Nayak ha sottolineato come un’indagine analoga sia già stata condotta in Germania dalle autorità di regolamentazione nazionale, le quali hanno concluso che la politica anti-spam di Google era valida, ragionevole e applicata in modo coerente.
Nonostante il precedente tedesco, la Commissione europea ritiene che le dimensioni e le implicazioni del caso richiedano un esame più approfondito a livello comunitario. Le preoccupazioni principali ruotano attorno alla potenziale discrezionalità e opacità con cui la politica viene applicata, rischiando di ledere la concorrenza leale nel mercato digitale. L’UE sta verificando se Google, nel suo ruolo di guardiano di accesso al traffico online, stia utilizzando le sue regole per svantaggiare indebitamente i concorrenti e consolidare ulteriormente la sua posizione dominante.
Le Possibili Sanzioni e l’Ombra del Digital Markets Act
L’esito di questa indagine è di cruciale importanza per il futuro del panorama digitale europeo. Se la Commissione europea dovesse accertare una violazione del Digital Markets Act (DMA), il nuovo e stringente regolamento comunitario per i giganti della tech, le conseguenze per Google potrebbero essere estremamente severe. L’UE avrebbe infatti il potere di infliggere sanzioni economiche che potrebbero raggiungere la cifra record pari al 10% del fatturato globale complessivo di Alphabet, la società madre di Google. Oltre alle sanzioni pecuniarie, Google potrebbe essere obbligata a modificare in modo sostanziale le sue pratiche commerciali in Europa per riallinearsi con le norme sulla concorrenza.
Questa indagine rappresenta un altro capitolo significativo nel rapporto spesso teso tra Bruxelles e le grandi corporation tecnologiche statunitensi. Sottolinea la determinazione dell’Unione europea a far rispettare la propria sovranità digitale e a garantire che i mercati online rimangano equi e competitivi. Per gli editori, l’esito definirà i confini di ciò che è lecito nella monetizzazione dei contenuti e nella collaborazione tra piattaforme, con ripercussioni che si faranno sentire in tutto l’ecosistema dell’informazione digitale. La posta in gioco è alta, e il verdetto dell’UE segnerà un precedente destinato a influenzare le politiche delle piattaforme per gli anni a venire.
