Una doccia fredda per gli utenti dei top di gamma di Google. Nonostante la presenza dell’hardware necessario, i possessori di Google Pixel 6 Pro e Google Pixel 7 Pro non potranno sfruttare la nuova e più precisa funzione di localizzazione UWB all’interno dell’applicazione Trova il mio Dispositivo. La conferma ufficiale, che ha generato forte delusione nella community, proviene da una pagina di supporto aggiornata dalla stessa Google, gettando un’ombra di incomprensione sulla strategia della società di Mountain View.
La tecnologia UWB, acronimo di Ultra-Wideband, rappresenta l’evoluzione più significativa nel campo del tracciamento degli oggetti dagli standard Bluetooth. Introdotta da Google all’inizio di quest’anno, questa funzionalità permette di localizzare un dispositivo con un livello di precisione finora inedito. A differenza del Bluetooth, che fornisce principalmente una stima della distanza, l’UWB è in grado di calcolare con accuratezza sia la distanza esatta che la direzione dell’oggetto ricercato. In pratica, l’interfaccia utente mostra una freccia e una distanza in metri, guidando l’utente direttamente verso il punto esatto in cui si trova l’oggetto smarrito, rendendo la ricerca istantanea e intuitiva.
L’hardware per supportare questa tecnologia avanzata è già integrato nei modelli Pro della serie Pixel 6 e 7. Tuttavia, secondo quanto specificato da Google, questi smartphone non riceveranno il supporto software per abilitare il tracciamento UWB all’interno dell’ecosistema Trova il mio Dispositivo. Questa decisione appare particolarmente stridente se si considera che l’unico tracker compatibile attualmente sul mercato, il Moto Tag di Motorola, si appoggia proprio alla rete di localizzazione di Google. Di fatto, gli utenti che possiedono un tracker UWB e uno di questi Pixel non potranno sfruttarne le potenzialità più avanzate.
Un Mercato Ancora di Nicchia e una Esclusione Inattesa
Il panorama dei tracker UWB è attualmente molto ristretto. Oltre al già citato Moto Tag, la tecnologia è supportata solo da una manciata di smartphone Android di fascia alta. Tra questi figurano alcuni modelli “Pro” o “Ultra” di Samsung e i top di gamma di Motorola. In questo contesto, l’esclusione dei Pixel 6 Pro e 7 Pro, dispositivi flagship di Google stessa, suona come una mossa sorprendente e difficile da giustificare per gli utenti finali. Molti avevano investito in questi modelli proprio per avere accesso alle tecnologie più all’avanguardia, inclusa l’UWB, trovandosi ora con una funzionalità hardware inutilizzabile per lo scopo principale dell’app Trova il mio Dispositivo.
Le motivazioni dietro questa scelta di Google non sono state chiarite ufficialmente. Si possono avanzare diverse ipotesi, che spaziano da possibili limitazioni tecniche o di stabilità riscontrate specificatamente su quei chip, a una strategia commerciale che mira a spingere gli aggiornamenti di dispositivo verso i modelli più recenti, come il Pixel 8 Pro, che invece supporta pienamente la funzione. Qualunque sia la ragione, il risultato è una frammentazione dell’esperienza utente e una percezione di obsolescenza precoce per dispositivi di appena due o tre generazioni fa.
Questa situazione solleva interrogativi più ampi sulla trasparenza e sulla coerenza delle strategie dei produttori di smartphone. Gli utenti che acquistano un dispositivo con un determinato hardware si aspettano che le sue funzionalità vengano sbloccate e mantenute nel tempo attraverso aggiornamenti software. La decisione di Google rischia di minare questa fiducia, creando un pericoloso precedente. La delusione è palpabile nei forum e sui social network, dove molti proprietari dei modelli interessati esprimono frustrazione per non poter utilizzare una tecnologia per cui hanno già pagato e che, su carta, i loro dispositivi sono perfettamente in grado di gestire.
