La promessa di un audio di qualità superiore, fedele all’originale, ha spinto milioni di utenti verso servizi in streaming lossless. Tuttavia, per gli utenti Android che aspettano l’arrivo di Spotify HiFi, la realtà si scontra con un muro tecnico insormontabile. Recenti test approfonditi confermano ciò che gli esperti del settore audio sostengono da anni: su Android, l’audio lossless puro è, nella stragrande maggioranza dei casi, un miraggio. Il colpevole? L’architettura stessa del sistema operativo di Google, che altera inevitabilmente il segnale audio prima che raggiunga le orecchie dell’ascoltatore.
Il Mixer di Android: Il Collo di Bottiglia Invisibile
Per comprendere il problema, è necessario addentrarsi nel funzionamento dell’audio su Android. Il sistema operativo è progettato per gestire simultaneamente una moltitudine di flussi sonori: notifiche, suonerie, audio di giochi, riproduzione musicale e chiamate. Per orchestrare tutto questo, Android utilizza un mixer audio virtuale. Questo componente software è fondamentale per indirizzare i vari suoni verso l’uscita corretta, gestire i volumi separatamente e garantire un’esperienza utente coerente. Tuttavia, questa comodità ha un costo in termini di purezza del segnale. Il mixer di Android opera a una frequenza di campionamento fissa di 48 kHz.
Il Conflitto dei kHz: 44.1 vs 48
Qui nasce il primo, grande conflitto. La stragrande maggioranza dei contenuti musicali, inclusi quelli distribuiti dai servizi di streaming come Spotify, Apple Music e Amazon Music, è masterizzata alla frequenza di campionamento standard dell’industria musicale, ovvero 44.1 kHz. Quando un servizio streaming invia un file a 44.1 kHz al dispositivo Android, il sistema si trova costretto a convertirlo per farlo funzionare con il suo mixer a 48 kHz. Questa operazione, tecnicamente un upsampling o ricampionamento, non è un’operazione trasparente. Implica l’uso di algoritmi che interpolano i campioni audio originali per “inventare” i dati mancanti e portare la frequenza da 44.1 kHz a 48 kHz. Google stessa, nella sua documentazione per sviluppatori, ammette che questa conversione ha un impatto negativo sulla qualità, sebbene in molti casi sia impercettibile. Tuttavia, il principio stesso del lossless viene violato: il segnale che arriva al DAC del telefono non è più identico a quello partito dal server dello streaming.
La Promessa Tradita del Lossless
La questione fondamentale non è tanto se questa differenza sia udibile o meno all’orecchio umano medio, un dibattito che divide da sempre la comunità degli audiofili. Il punto è puramente contrattuale e filosofico. L’utente che paga un sovrapprezzo per un abbonamento Hi-Res o lossless lo fa con l’aspettativa precisa di ascoltare il brano esattamente così come è stato masterizzato in studio, bit per bit. Su Android, questa promessa è strutturalmente impossibile da mantenere a causa di questo processo di ricampionamento obbligatorio. Anche se Spotify finalmente lanciasse il suo tier HiFi, gli utenti Android non riceverebbero un flusso audio incontaminato, ma un segnale che è stato processato e alterato dal sistema operativo.
Esistono delle Eccezioni? Le Scorciatoie Incomplete
La situazione non è del tutto senza speranza, ma le vie d’uscita sono limitate e, per quanto riguarda Spotify, attualmente inapplicabili. Esistono infatti due modalità che possono bypassare il mixer di Android:
- Modalità Esclusiva USB: Alcune applicazioni, come USB Audio Player PRO, possono prendere il controllo esclusivo di un DAC USB esterno collegato al telefono, inviando il segnale audio direttamente senza passare per il mixer di sistema. Questa è la soluzione più pulita.
- Modalità High Performance: Alcuni dispositivi Android, soprattutto di fascia alta, supportano una modalità a bassa latenza che può talvolta ridurre l’intervento del sistema. Tuttavia, questa opzione è implementata in modo sporadico e inconsistente dai vari produttori.
Il problema è che queste soluzioni richiedono un supporto esplicito da parte dell’applicazione. Servizi come Tidal e Qobuz integrano il supporto per la modalità esclusiva in alcune app e su alcuni dispositivi. Al momento, non ci sono indicazioni che Spotify stia lavorando per implementare una funzionalità del genere, il che lascia gli utenti Android di fronte a un vicolo cieco. L’attesa funzionalità lossless di Spotify, quindi, rischia di essere un upgrade di facciata per la piattaforma verde, un miglioramento annacquato dall’architettura di base del sistema operativo che ne mina il valore fondamentale. Fino a quando Google non deciderà di rivedere profondamente il suo stack audio, la vera esperienza lossless su Android rimarrà un privilegio per pochi, legato a hardware e software di nicchia, e non la norma per le masse.